Si può ancora morire di parto in Italia?

Si può ancora morire di parto in Italia?

Nella media dei Paesi europei, il parto avviene in sicurezza e nel rispetto di alti standard di assistenza. Se morire di parto in Italia è un evento fortunatamente raro – si contano in media 9 casi su 100.000 nati vivi, secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità – non è tuttavia realisticamente azzerabile la probabilità che ciò si verifichi. Si può morire di parto, anche in Italia, infatti, sia per cause naturali inevitabili ed indipendenti dall’operato dei medici e personale sanitario, sia come conseguenza di errori e negligenze tali da poter fare annoverare il decesso della partoriente tra i casi di malasanità

Le principali cause di morte legate al parto

Per comprendere meglio il fenomeno può essere utile fare il punto sulle principali e più frequenti cause di morte durante il parto e nel periodo immediatamente successivo alla nascita del bambino (entro 42 giorni). Oltre il 40% delle morti collegate al parto è imputabile a gravi emorragie. Seguono, nell’ordine: 

  • casi di ipertensione e disordini collegati; 
  • tromboembolie; 
  • problemi cardiovascolari;
  • sepsi. 

A tutto ciò gli studi effettuati in materia aggiungono i decessi riconducibili alla gravidanza ma tardivi rispetto alla data del parto, ovvero le morti materne che avvengono nel periodo compreso tra 43 giorni e 1 anno dalla nascita del bambino. Nel novero in questo caso rientrano anche i suicidi, conseguenza di una depressione post-partum non affrontata correttamente ed in tutta la sua gravità. 

Il primo Rapporto di Mortalità Materna nazionale stilato dall’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) riporta alcune variabili che sembrano incrementare il rischio di incidenti, anche fatali, per la partoriente. Viene posto l’accento in particolare sull’età avanzata e sull’indice di massa corporea, essendo l’obesità un fattore particolarmente critico rispetto ad eventuali complicanze. Da non sottovalutare, dati alla mano, anche i pericoli collegati a forme influenzali aggressive, rischi rispetto ai quali le future madri dovrebbero essere avvertite affinché procedano preventivamente, quando possibile, a vaccinarsi.

I rischi legati al taglio cesareo

Oltre l’80% delle morti per parto avviene in seguito a un taglio cesareo. Si tratta tuttavia di un dato da contestualizzare ed in parte da ridimensionare, considerando che l’intervento chirurgico è in molti casi una soluzione di emergenza per affrontare gravi problematiche sopraggiunte durante un parto naturale e da intendersi, quindi, come manovra non sempre sufficiente a scongiurare il peggio. 

Diverso è il caso dei parti cesarei programmati, durante i quali prevalgono i rischi generici connessi a qualsiasi intervento chirurgico. L’errore medico può avere in questo frangente un peso notevole. Trattandosi di un intervento a rischio emorragico elevato, il parto cesareo richiede particolare perizia e capacità di prevenzione e gestione di questo tipo di emergenza

Il taglio cesareo programmato è riservato alle situazioni che lo richiedono – quali anomalie nella posizione del feto o particolari condizioni di salute della madre – ed anche in questa importante valutazione è assolutamente essenziale poter fare affidamento sulle capacità e la tempestività del personale sanitario.

Si può ancora morire di parto? La situazione specifica in Italia

Le morti registrate ed in seguito giudicate evitabili lavorando al miglioramento del livello di assistenza raggiungono percentuali tra il 40 ed il 60% a livello europeo. Rientra in questa media anche l’Italia, paese che pur si distingue in positivo in questo settore e che un rodato sistema di controlli ha condotto negli ultimi anni a registrare dati simili ai paesi più avanzati del Nord Europa.

La sorveglianza sul fenomeno della mortalità materna da parte dell’ISS è attiva da diversi anni e dal 2017 raccoglie dati in 13 regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Lazio, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna), arrivando a monitorare circa il 90% delle nascite nel nostro paese. Tra gli obiettivi principali la promozione di attività di aggiornamento e di formazione degli operatori, con un focus sulla prevenzione ed il trattamento delle emorragie nel post-partum. 

Se è vero che si può ancora morire di parto in Italia, è altrettanto indubbio che gli sforzi e l’attenzione riposti in quest’ambito fanno sì che attualmente l’incidenza dei decessi correlati al parto resti nel nostro paese molto bassa anche al confronto con la media degli altri paesi occidentali. Ciò non può naturalmente in alcun modo sminuire la drammaticità dei casi che ugualmente si contano e che è del tutto corretto valutare anche in chiave di eventuali responsabilità mediche. È in questo senso bene ricordare la possibilità, quando esistono i presupposti per denunciare irregolarità e documentarle incontrovertibilmente, di sottoporre il caso ad avvocati esperti in materia di risarcimento danni alla salute.

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